mercoledì 20 luglio 2011

Obama: un'imbonitore al servizio dell'elite

Obama preferisce sempre il gesto simbolico grandioso al grande cambiamento strutturale profondo. 
Se guardiamo bene sin dall'inizio quando combatte "contro la Clinton" per la presidenza e poi la nomina segretario di stato.
Annuncia a gran voce che chiuderà Guantanamo e intanto dà il via libera all'allargamento del carcere di Begram in Afghanistan e si oppone ai processi contro i funzionari di Bush che autorizzarono le torture.
Nomina la prima giudice latino americana alla corte suprema e intanto fa approvare un giro di vite sull'immigrazione.
Investe nell'energia pulita ma appoggia la favola del carbone pulito" e rifiuta di tassare le emissioni di CO2, l'unico metodo davvero valido per ridurre il consumo di carburanti fossili. 
Si scaglia contro l'avidità dei banchieri e affida le redini dell'economia a veterani di Wall Street. 
E soprattutto, promettere di metter fine alla guerra in Iraq, mandando in pensione l'orrendo concetto di "guerra al terrore", mentre in Afghanistan e Pakistan i conflitti ispirati a quella logica s'intensificano.
E da ultimo dice di aver ucciso Bin Laden ma non ne fa vedere il corpo.
La vittoria di Obama e l'entusiasmso per il suo marchio hanno dimostrato che c'è un'enorme fame di cambiamento in senso democratico: moltissime persone non vogliono conquistare i mercati con la forza delle armi, disprezzano la tortura, credono nelle libertà civili, vogliono che le aziende stiano fuori dalla politica, pensano che il riscaldamento globale sia la grande battaglia del nostro tempo e vogliono far parte di un progetto politico più ampio. Trasformazioni come queste si potranno ottenere solo quando i movimenti avranno i numeri e la forza per pretendere delle risposta dalle élite. Obama ha vinto le elezioni perché ha saputo sfruttare la nostra nostalgia per quei movimenti. Ma era solo un'eco, un ricordo. Il nostro compito ora è costruire un movimento che sia the real thing, un vero movimento.
   
Naomi Klein sposta la sua attenzione dal centro commerciale a Barack Obama, e scopre che la cultura delle corporazioni ha preso il controllo del governo statunitense.
COME LE CORPORAZIONI HANNO PRESO IL CONTROLLO DELL'AMERICA

domenica 17 luglio 2011

Spidertruman l'anti-casta italiana

Spunta sul web un ''Julian Assange'' anti-casta italiana. Licenziato dopo 15 anni di precariato alla Camera, svela ''tutti i segreti della casta'' su Facebook dove ha creato la comunità 'I segreti della casta di Montecitorio'.
Il blog I segreti della Casta
Lui promette di rivelare, giorno per giorno nuovi intrallazzi dei signori della politica, di destra, di sinistra, di centro. Forse anche dall'alto. E perché l'evento carbonaro sia ancora più emozionante alla pagina Facebook, aggiunte in tutta velocità un secondo indirizzo, via blog... Tante foto, tanta carta intestata fotografata. Ma in realtà l'«Assange de no' altri», per ora parla di finte scorte, furti fasulli per ottenere rimborsi, minacce inesistenti per ottenere l'auto blu, viaggi gratis per amici e parenti, sconti giganteschi e stipendi elencati uno ad uno per mettere a nudo i privilegi della politica. Ma non fa nessun nome.

giovedì 14 luglio 2011

Italia piu' a rischio di Lettonia e Lituania

Il costo per assicurare i titoli di stato di Latvia e Lituania e' da qualche giorno inferiore al costo per assicurare dal default i titoli di stato dell'Italia.


Infatti, mentre Roma da' prova di avere una classe politica irresponsabile (100 parlamentari del PDL, il partito di maggioranza, hanno annunciato che voteranno contro la manovra finanziaria predisposta dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, del quale - per inciso - i giudici hanno chiesto del suo collaboratore piu' stretto l'arresto per corruzione e associazione a delinquere) dunque mentre Roma e' irreponsabile, gli stati del Baltico dell'ex Unione Sovietica hanno implementato le giuste misure di austerita' e di riduzione del debito, mettendosi in regola con il giudizio dei mercati.


Azione questa, che la nostra Casta non da' segno di voler fare, impotente come e' e occupata come e' a mantenere esclusivamente i propri privilegi e prebende, senza assolutamente pensare alle sorti economiche e sociali del paese, ormai incamminato verso scenari assai rischiosi e di serio arretramento.


In concreto, al di la' dei giudizi (che comunque devono essere impietosi) il CDS (credit default swap) dell'Italia, il cui debito ha ricevuto un rating di Aa2 da Moody’s (l'agenzia ha pero' gia' annunciato un possibile "declassamento" e ha posto il nostro paese sotto osservazione) e' salito in termini di prezzo sopra al CDS della Lituania, che ha un rating 5 volte inferiore, e sopra al CDS della Lettonia, che ha un rating 7 volte inferiore. Il CDS a 5 anni dell'Italia costa in questo momento 281, quello della Lituania 219.


La Latvia ha annunciato misure per ridurre il deficit di bilancio al 2.5% del Pil il prossimo anno dal 9.7% nel 2009. La Lituania punta al 2.8%. L'Italia ha il secondo piu' alto debito d'Europa in proporzione al Pil dopo la Grecia (che pero' e' tecnicamente "fallita", cioe' in default) al 120% del Pil, rispetto al 50% di Latvia e Lituania; l'Italia ha il piu' grande debito pubblico in termini assoluti della zona euro con quasi 1900 miliardi di euro, circa 2,6 trilioni di dollari, il terzo piu' grande debito pubblico del globo.


Il prezzo dei CDS (credit default swap) a 5 anni relativi al debito sovrano dell'Italia e' oggi poco sotto il massimo storico, a quota 281,500, rispetto al top toccato lunedi' scorso 11 luglio a quota 296, nel momento di picco dell'attacco speculativo contro l'Italia e i titoli del debito pubblico. Il precedente massimo storico di 268,215 fu stabilito il 30 novembre 2010. Ai prezzi attuali del CDS, per assicurare $10 milioni del debito pubblico italiano contro un eventuale default del nostro paese, gli investitori globali sono disposti a pagare $281500. Il minimo assoluto di prezzo del CDS Italia (equivalente alla massima affidabilita' del paese) risale al novembre 2009, a quota 73.921. Per vere un termine di paragone nella zona euro, il CDS della Germania stamattina quota 55,17.

domenica 10 luglio 2011

Una manovra che dovremo fare prima o poi

Queste azioni sarebbero accettate dall'80% della popolazione e genererebbero 100 miliardi di euro in 4 anni cioè il doppio dell'attuale manovra.


1 - Taglio dai costi politici. Una camera di 400 parlamentari al posto di 2 per 1000 , 12 regioni molto piu autonome delle attuali al posto delle attuali 20, abolizione totale di province e prefetture con l'istuttuzione di una polizia locale regionale, dimezzameno dei comuni dagli attuali 8100 a non piu di 4000
2 - Liberalizzazioni delle professioni con l'abolizione del valore legale del titolo ed istituzione di ordini professionali obbligatori e competitivi. Ad esempio ipotizziamo l'attivita medica sarà filtrata ad esempio da 3 ordini dei medici distinti ed un medico dovrà essere iscritto ad uno degli ordini pagando l'iscrizione e l'ordine si farà carico del'80% dei danni che verranno imputati al lavoro di quel medico.
3 - Tassare le attività imprenditoriali delle chiese e dei patrimoni che non siano le chiese di pubblico accesso.
4 - Disciplinare e tassare la prostituzione come altri paesi gia fanno.
5 - Disciplinare e statalizzare la vendita delle droghe.
6 - Spesa previdenziale ridotta aumentando i controlli per evitare le truffe come i falsi invalidi, abbattere la pensione di reversibilità mettendo un tetto di 1.500 € e legando agli anni di convivenza col de cuius ad esempio per ogni anno di convivenza 5% di copertura
7 - Riduzione della spesa sanitaria per i non cittadini che dovranno tornare nel loro paese per le cure oppure devono diventare contribuenti come i cittadini con assicurazioni private che coprano i costi
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Ma lo scenario di fondo è un altro, è più ampio. E’ che siamo non in una crisi di ciclo, bensì di sistema. Di un sistema che sta per esplodere. Questo governo che sceglie di far quadrare il bilancio con una manovra di 68 miliardi scaricati però quasi interamente sul 2013 e sul 2014, e un’opposizione che sostanzialmente la accetta, e una UE e BCE che non insorgono, nonostante lo scarico differito sia palesemente una furbata irrealistica, perché nessun governo riuscirebbe a reggere un paese sottoposto a quei tagli – tutti questi fattori significano una cosa molto chiara: governo, opposizione, sindacati, UE, BCE, prevedono che di qui al 2013 la situazione cambierà tanto radicalmente, che quegli irrealistici impegni saranno semplicemente superati, che non si dovrà rispettarli. che quindi non serve nemmeno trovare idonee fonti per pagare il debito pubblico – cosa che si sa impossibile, e non solo per l’Italia. Per ora, per l’anno corrente e il prossimo, si tratta soltanto di far quadrare formalmente i bilanci, per mantenere una certa calma e governabilità, in attesa dello sconquasso che porrà fine a tutte le finzioni.

sabato 9 luglio 2011

Tremonti saccheggia i redditi dei piccoli risparmiatori

Tremonti mentre gli spiegano che cazzata ha combinato

Quando il governo di centrosinistra prese in esame l’idea di adeguare la tassazione sulle rendite finanziarie al livello europeo elevando l’aliquota dal 12,50% attuale al 20%, gli uomini della destra, da Berlusconi a Tremonti, scatenarono una furibonda campagna di allarmi e anatemi sostenendo che la sinistra voleva introdurre una “tassa sulle vecchiette” perché quel 20% avrebbe colpito in maniera devastante  i piccoli e piccolissimi risparmiatori ivi compresi anziani pensionati che dal rendimento di quei risparmi traevano il necessario per sopravvivere.
Oggi si direbbe che le “vecchiette” e i pensionati non meritano più la tutela e la protezione di chi, dall’opposizione di allora, si è trasferito al governo. L’incremento dell’imposta di bollo sui titoli introdotto con la manovra correttiva del ministro Tremonti, infatti, colpisce i piccoli e piccolissimi risparmiatori ben più di quanto avrebbe fatto l’aumento dell’aliquota sulle rendite. Rispetto a quell’intervento, infatti, solo chi possiede titoli per valori molto elevati può registrare un vantaggio.
   
Ed ecco i dati. Prendiamo i Bot a un anno, con rendimento 1,8%. Nella situazione attuale  il prelievo grava sugli interessi nella misura del 12,50% a cui va aggiunto l’importo fisso del fissato bollato pari a 34,20 euro.  
L’ipotesi che Tremonti e Berlusconi definirono di aggressione ai risparmi delle vecchiette  prevedeva un prelievo sugli interessi pari al 20%, a cui aggiungere naturalmente i 34,20 euro del fissato bollato. L’intervento del governo per il 2012  prevede il mantenimento del prelievo sugli interessi al 12,50%, ma porta il fissato bollato a 120 euro. Dal 2013, l’intervento di Tremonti conserva ancora l’aliquota al 12,50, ma porta il fissato bollato a 150 euro sui depositi fino a 50.000 euro e a 380 euro per depositi superiori. 
   
Bene, come è evidente dai conti che seguono, i rendimenti di chi dispone di risparmi modesti risultano marginalmente ridotti con l’aliquota al 20%, ma drasticamente tagliati con l’aumento del fissato bollato previsto l’anno prossimo, fino ad essere pressoché azzerati (è il caso di chi possiede titoli per soli 10.000 euro), con l’aumento previsto nel 2013.
La dinamica è evidente. Per fare un esempio: il rendimento di un  risparmio di 30.000 euro, pari, al tasso dell’1,80%, a 540 euro l’anno, oggi è gravato da un prelievo pari a 101,70 euro, cioè il 18,8%. L’ipotesi di un aumento dell’aliquota dal 12,50 al 20% avrebbe comportato un prelievo di 142,20 euro, pari al 26,3%. La modifica di Tremonti comporterà, nel 2012, un prelievo di 187,50 euro, cioè il 34,7%, e, nel 2013, di 217,50 euro, cioè il 40,3%.
   
L’incidenza del prelievo sugli interessi è già adesso  percentualmente molto più pesante per chi dispone di un capitale modesto rispetto a chi ha un capitale più rilevante. Questa differenza, però, si attenua molto nell’ipotesi dell’incremento dell’aliquota al 20%, mentre si accentua in modo fortissimo con l’incremento del fissato bollato di Tremonti. Ciò mostra in modo evidente quanto sia iniquo e portatore di diseguaglianze lo spostamento del prelievo dal criterio proporzionale a quello fisso, secondo lo slogan caro al ministro “dalle persone alle cose”: ecco, siccome poi a pagare sono sempre le persone, è facile vedere come quella formula si traduca nell’ennesima sperequazione a danno di chi ha di meno e a vantaggio di chi ha di più.
    
E METTE IN FUGA GLI INVESTITORI
Va ancora considerato che la riforma Tremonti, già entrata in vigore dal primo luglio, sembra essere la principale responsabile dell’attacco ai titoli italiani in corso mentre scriviamo, dal momento che si teme che la nuova imposta determini una fuga degli investitori dal mercato italiano. Sembra quindi urgente intervenire per correggere la norma esentando i piccoli risparmi e prevedendo un prelievo proporzionale per gli altri.
   
Tratto da http://www.nens.it/_public-file/IMPOSTA%20CAPITARIA.%208.7.11.pdf